Robert de Sorbon’s Cum repetes — or De modo audiendi confessiones et interrogandi as it is called in the Bruges manuscript — is for the clergy what Robert’s Qui vult vere confiteriis for laymen. It is a guide for confessors, specifically addressed to those charged with the cura animarum to provide practical instruction on how to interrogate the penitent and assist him in examining his conscience. It is this subject that determines and delimits its scope. In terms of the (...) tripartite nature of the sacrament of penance, i.e. contrition, confession and satisfaction, Cum repetes concentrates almost exclusively on the central part, confession, and on the proper method of interrogation by the confessor. A characteristic feature of Robert’s treatise is the introduction of a number of model dialogues between the confessor and the penitent, comparable to the interchanges in Robert of Flamborough’s Liber Poenitentialis, but much more incisive and inspired by great sollicitude as well as personal involvement. (shrink)

È possibile rendere compiutamente conto di ciò che gli artefatti e le tecnologie fanno, senza per questo sminuire il ruolo dell’agentività umana, ossia la capacità dell’essere umano di essere all’origine dell’azione e del senso?Per quanto determinismo tecnologico e sociocostruzionismo siano ormai approcci sufficientemente integrati, sembra quasi impossibile poter riconoscere l’uno senza pagare nulla di più che un piccolo contributo all’altro.Gli autori sottolineano quanto questa cesura che apparentemente riguarda un fenomeno circoscritto e settoriale come il ruolo degli artefatti nella costruzione del (...) mondo sociale, rispecchia in qualche modo l’antica distinzione proposta da Dilthey tra scienze della natura e scienze dello spirito. Il fatto é che tale divisione del lavoro scientifico sembra il risultato più che il punto di partenza di un lavoro deliberato di purificazione dei due domini . Per quanto utile da un punto di vista epistemologico, essa corre costantemente il rischio di proclamare a priori l’incapacità di alcune metodologie di indagare oggetti che si situerebbero al di là della loro giurisdizione . Inoltre, gli autori ritengono che questa distinzione sia alquanto problematica quando si tratta di questioni ontologiche. In linea con il pensiero di filosofi come Whithead , Delueze e Guatatri e Tarde , sostengono che tanto l’approccio sociocostruzionista quanto l’approccio tecno-determinista soffrano di un simile riduzionismo ontologico: ridurre l’oggetto di indagine a quanto la prospettiva inscritta in ciascuna metodologia consente di vedere e di analizzare.Prendendo le distanze da tale riduzionismo, questo articolo intende dimostrare che la materialità, la tecnologia e persino la natura intrudono costantemente nel mondo del significato, della comunicazione, del discorso. Allo stesso tempo, cultura e significato conferiscono senso e persino forma al mondo naturale . A fronte della propensione diffusa a pensare l’interazione come qualcosa che riguarda soltanto gli essere umani, gli autori mostrano che altre cose si autoconvocano costantemente nelle nostre conversazioni e che é legittimo ipotizzare che tali cose facciano «cose con le parole», per usare la famosa espressione che John Langshaw Austin coniò per indicare ciò che le persone fanno attraverso i loro atti linguistici.Attraverso un esempio tratto dalle osservazioni sul campo in un presidio medico d’urgenza operato da Medici senza Frontiere, gli autori mostrano che il sottolineare quanto e come le cose siano partecipanti attivi in una conversazione non significa evacuare il contributo umano all’attività di parola. Se le cose fanno cose con le parole é perché portano prospettivamente le persone a dire quel che dicono e, retrospettivamente, a far dire loro quel che hanno detto. Piuttosto che postulare che i soli partecipanti umani siano all’origine di quanto vien detto durante una conversazione, diventa possibile ritracciare altre origini o elementi che influenzano e condizionano ciò che le persone fanno mentre parlano tra loro.Il fatto che gli oggetti siano spesso trasformati dalla loro stessa incursione sulla scena interattiva viene vista come una prova della « realtà » del loro contributo alla conversazione. Utilizzando la metafora del ventriloquismo, gli autori mostrano che se i partecipanti umani fanno sì che le cose facciano cose con le parole, ciò é anche dovuto al fatto che le cose stesse fanno far loro cose con le parole, in quella sorta di oscillazione ventriloqua già sottolineata da David Goldbaltt . Individuare le tracce sia dell’agentività umana sia dell’agentività tecnologica, porta a riconoscere il grado di passività o passione inerente a qualunque attività o azione. Tale riconoscimento é cruciale dal momento che tale passività fa parte dei modi con cui le persone rendono razionale/giustificabile/legittimabile/ sanzionabile ciò che esse fanno e dicono nel corso di una interazione.Invece di ridurre l’interazione ad un fenomeno che riguarda esseri umani tra loro, appare più costruttivo riconoscere tutte le figure che popolano la scena interattiva, siano esse tecnologie, regolamenti, principi, emozioni o artefatti. La proposta avanzata dagli autori può dunque essere vista come un tentativo di riabilitare metaforicamente l’analisi del parlare prendendo seriamente in considerazione ciò che le figure letteralmente hanno da dire su come noi, gli umani, comunichiamo e lavoriamo.Se poiesis significa fabbricazione, allora forse poesia può diventare un modo innovativo di comprendere come funzionano le tecnologie e come noi interagiamo con esse.While we tend to think of interaction as involving human beings only, this paper proposes to show that other things – technologies, in particular – are continuously inviting themselves in our conversations and that these things can even be said to “do things with words.” Using the metaphor of ventriloquism, we show that if human participants make things do things with words, it is also because things animate them, a form of ventriloqual vacillation or oscillation already noticed by David Goldblatt . Acknowledging both human and technological agencies therefore leads us to recognize the degree of passivity or passion that is inherent in any activity or action, a recognition that is especially important given that its marks the accountable / reasonable / intelligible / justifiable / sanctionable character of what people do and say in interaction. (shrink)

1. Indicaciones generales a modo de introducción al estudio de la filosofía del derecho.

F N Dunlop; Education and Human Nature, Journal of Philosophy of Education, Volume 4, Issue 1, 30 May 2006, Pages 21–44, https://doi.org/10.1111/j.1467-9752.197.

From the editors of Voprosy filosofii: In implementing the historical program for peace adopted by the Twenty-sixth Congress of the CPSU, the Soviet Union is pursuing a principled line in its foreign policy that is aimed at achieving a concrete solution to the problem of disarmament, the consolidation of universal peace, and the security of nations. All these questions have an important sociophilosophical meaning. The world is currently going through a very complicated period. The savage attacks on socialism and national (...) liberation movements being mounted by the reactionary circles of the contemporary bourgeoisie have complicated the international situation. Under these conditions the problems attendant on the struggle for peace, and against the threat of nuclear war, have acquired an extremely timely importance. Our journal regularly publishes materials on this topic. In the present issue the readers have been given a selection of articles on the various sociophilosophical aspects of the struggle for peace and social progress. (shrink)

In an interesting work ‘The Ethical Animal’ Professor C. H. Waddington valiantly attempts to bridge the gap between ‘ought’ and ‘is’ without, it seems, succeeding in doing so. Notwithstanding his erudition, honesty of purpose and charm in exposition, the gulf remains unbridged. Indeed there are passages where it is difficult to be certain whether the author considers that he has bridged it or even what standpoint he finally adopts.

This study presents examples, not previously available in print, of the frequent use of the imagery of commerce in Robert de Sorbon’s sermons and discusses the imagery’s relation to scriptural and patristic sources, in particular the apostle Paul and Augustine of Hippo. It is argued that Robert’s use of the language of the marketplace in discussions of theological and moral matters functions as a rhetorical tool which emphasizes the boundlessness of God’s mercy through the redemption.

The article examines the concept of “cultural trauma”, which appeared at the beginning of the 21st century as part of the process of searching for identity. The concept is defined as an evaluative metaphor. There are periods in the history of Russia that can be considered from the point of view of using this concept. It is shown how the historical and ideological disputes of the late twentieth century acquired the character of religious contradictions. A hypothesis is put forward as (...) a result of what events the concepts of normal political science vocabulary lost their original meaning and turned into ideological templates. (shrink)

I Would like to draw attention to the basic defect in the argument used by Mr J. R. Lucas.Mr Lucas there states that Gödel's theorem shows that any consistent formal system strong enough to produce arithmetic fails to prove, within its own structure, theorems that we, as humans, can nevertheless see to be true. From this he argues that ‘minds’ can do more than machines, since machines are essentially formal systems of this same type, and subject to the limitation implied (...) by Godel's theorem. (shrink)

Burgess, J.P. and Rosen, G. Subject with No ObjectElliott, R.Faking Nature.