Abstract
Nell’ambito della filosofia e delle scienze cognitive l’attenzione dedicata al problema dell’identità personale è stata rivolta quasi esclusivamente sul cervello. È nostra convinzione che questo abbia di conseguenza portato a trascurare il ruolo del corpo e dei movimenti corporei nel mondo, impoverendo la comprensione del modo in cui gli esseri viventi sviluppano il senso della loro identità. Esamineremo quindi l’importanza dell’avvertire i propri movimenti per lo sviluppo di un senso del sé di natura basilare e di carattere non-concettuale. Più in dettaglio, noi sosteniamo che all’origine del senso del sé vi sia la capacità di avvertire la propria motilità spontanea. È a partire da questo elemento che l’organismo giunge a sviluppare un senso del “mi muovo” e, infine, del “posso muovermi”. La propriocezione e le cinestesi sono elementi essenziali in questa dinamica. Al contempo, sulla scia di Gibson, noi pensiamo che la percezione del sé e dell’ambiente procedano inevitabilmente di pari passo, diversamente da quanto sostiene la tradizionale dicotomia tra i cosiddetti sensi interni ed esterni. Prenderemo in esame una distinzione tradizionale tra due aspetti del sé corporeo: il senso del proprio corpo e l’immagine del proprio corpo. A nostro avviso questi due aspetti colgono elementi differenti del senso del sé e sosterremo nello specifico che il senso del proprio corpo svolge un ruolo di fondamentale importanza per il nostro senso del sé di carattere non-concettuale. Tenteremo infine di indicare alcune conseguenze di questa posizione per la ricerca nel campo delle scienze cognitive, in particolare nel campo della robotica, esaminando un caso di assenza di propriocezione, nella convinzione che questo costituisca un passo in avanti nella comprensione del modo in cui gli esseri viventi agiscono nel mondo, ossia grazie al possesso del senso del sé.