Abstract
In questo articolo intendo presentare e discutere le tesi avanzate da Husserl contro il naturalismo epistemologico e psicologico in La filosofia come scienza rigorosa. Intendo mostrare come la sua critica si rivolga a posizioni generalmente più estreme rispetto alle varianti del naturalismo oggi dibattute; e tuttavia le tesi husserliane hanno implicazioni interessanti per la discussione contemporanea. In primo luogo, egli mostra come vi sia un nesso importante tra naturalismo epistemologico e naturalismo psicologico. In secondo luogo, egli mostra come una versione robusta di naturalismo epistemologico indebolisca se stesso, non riuscendo a traslare la cogenza logica in termini psicologici. In terzo luogo – e questo è il tratto più importante per la discussione contemporanea – egli attacca il cartesianesimo in quanto forma di naturalismo psicologico per via del considerare la psiche come sostanza. Contro questa posizione Husserl afferma la necessità di formulare nuovi obiettivi epistemici per le ricerche sulla coscienza, sostenendo che il fattore di maggiore interesse circa la coscienza non sia la sua fatticità empirica, bensì la sua funzione trascendentale, che garantisce accesso conoscitivo a ogni tipo di oggetto. Lo studio di questa funzione richiede un metodo specifico, da non confondersi con i metodi empirici. Nella parte conclusiva intendo sostenere come le analisi husserliane offrano nuove prospettive sulla struttura della coscienza, di cui oggi si sente il bisogno, ma anche argomenti persuasivi contro le incerte speculazioni metafisiche circa il rapporto tra mente e corpo.