Abstract
L’articolo si pone il problema del perché Vico avesse pensato alla sua impresa come ad una scienza e si fosse occupato di confrontarla con la scienza della natura. Si passano in rassegna l’uso di concetti come degnità, assiomi, postulati, tenendo fermo che Vico non fu né un cartesiano, né un galileiano, e come non si lasci racchiudere nelle gabbie dell’apriorismo e del platonismo: egli ha solo fatto sue alcune idee o tesi presenti entro quelle tradizioni. Vico si guarda bene dall’effettuare una scelta precisa e definitiva tra quelle realtà alle quali attribuiamo oggi il nome di razionalismo e empirismo. Si richiama contemporaneamente e negli stessi testi sia alla tradizione del geometrismo cartesiano sia a quella di Bacone e delpensiero dei baconiani del tardo Seicento, facendone un uso alquanto libero. L’articolo contiene inoltre osservazioni su Vico lettore di Cogitata et visa e di De dignitate et augmentis scientarum di Bacone